Non abbiamo bisogno di eroi ma di una squadra che, preso atto dell’emergenza climatica, si assume le proprie responsabilità e collabora per una finalità comune: la salvaguardia di Nostra Madre Terra.
Padre Enzo Fortunato è direttore della Sala Stampa Sacro Convento di Assisi e del mensile San Francesco. È uno dei firmatari del Manifesto “Un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica” promosso da Symbola e presentato il 24 gennaio 2020 presso il Sacro Convento di San Francesco ad Assisi.
Quali sono le ragioni che l’hanno portata a promuovere il manifesto di Symbola per un’economia rinnovata, a misura d’uomo e contro la crisi climatica?
Il Manifesto di Assisi rappresenta una svolta epocale, di tipo economico e ambientale, ma anche culturale e spirituale. È la prima volta che l’Italia, non come singole realtà ma come Paese intero, si pone un obiettivo, insieme. Questo è un cambio di passo di tipo culturale, dobbiamo capire che non abbiamo bisogno di eroi, ma di una squadra che, preso atto dell’emergenza climatica, si assume le proprie responsabilità e collabora per una finalità comune: la salvaguardia di Nostra Madre Terra. Una svolta che però è anche spirituale, perché è l’esempio di San Francesco a guidare le migliori forze di questo Paese, anche sul solco tracciato da Papa Francesco nella Laudato Si’, con la sua visione di ecologia integrale. Dobbiamo instaurare una relazione con quello che ci circonda. Basta con la cultura dell’usa e getta. La relazione che vuole San Francesco d’Assisi ce la insegna nel Cantico delle Creature: fratello e sorella, è una forte responsabilità, quella di sentire le cose come consanguinee.
Cosa si auspica dalla presentazione di questo manifesto e dagli incontro dei suoi firmatari che ne scaturiranno?
Si tratta di un impegno serio, onesto, animato dalla rettitudine di quello che vogliamo portare a termine. Quando c’è di mezzo San Francesco non dobbiamo scherzare. Ci sono degli obiettivi concreti, come l’azzeramento del contributo netto di emissione dei gas serra entro il 2050. Una sfida importante ma al tempo stesso necessaria, che può essere vinta attraverso politiche serie e lungimiranti. La crisi climatica può essere – citando il Manifesto – l’occasione per mettere in movimento il nostro Paese in nome di un futuro comune e migliore.
Ai partecipanti e firmatari diamo un Tau dal colore verde, che rappresenta una sintesi non solo della Laudato Si’ ma anche del Cantico delle Creature. Abbiamo bisogno di uno scatto di responsabilità. Prendendo spunto dalle parole di San Francesco: “Io ho fatto la mia parte”. Ora tocca a Noi.
Come potrebbe descrivere il legame tra l’iniziativa di Economy Of Francesco che si sta organizzando ad Assisi per marzo di quest’anno e il pensiero di San Francesco d’Assisi?
San Francesco d’Assisi, col suo spirito ribelle, diede vita a una società circolare. Furono i suoi seguaci, i francescani del XV secolo, a fondare i primi monti di pietà e monti frumentari, con prestiti senza tassi di interesse, in sostegno ai più poveri. Il nostro Pontefice, Papa Bergoglio, ha scelto il nome di Francesco non a caso: per non dimenticarsi degli ultimi. “The Economy of Francesco”, nella nostra visione, sarà un pilastro fondamentale di questo pontificato: un appello affinché i giovani, protagonisti dell’accademia e dell’economia, prendano in mano il futuro dell’umanità e del pianeta. Un motto, tutto francescano, ci guiderà: “Va’ e ripara”.
Cosa si aspetta dalla realizzazione di un evento quale The Economy of Francesco e quali conseguenze potrebbe avere all’interno della società di oggi?
Un risveglio, una presa di coscienza. I giovani – penso al movimento Fridays For Future – negli ultimi mesi hanno dato più volte dimostrazione di essere consapevoli di quali siano le sfide che come esseri umani abbiamo davanti. The Economy of Francesco può essere un passo decisivo verso la costituzione di un nuovo modello economico, politico, sociale, culturale. Dalle imprese, dalle università e dalle altre esperienze di innovazione sociale può nascere un’economia più giusta, fraterna e sostenibile, con un nuovo protagonismo di chi oggi è escluso.
Quali sono, secondo la Sua opinione, le risposte che le istituzioni dovrebbero dare per sostenere le esperienze di economia civile nate dal basso?
Le istituzioni devono rispondere con atteggiamento intelligente, di curiosità, vicinanza e sostegno. È così che i buoni esempi che nascono dal basso possono diventare pratiche condivise. Per quello che abbiamo potuto recepire dagli operatori del settore, serve che il sistema fornisca gli strumenti utili a rendere l’economia civile da teoria a realtà. Così che le diverse esperienze nate da basso diventino pratiche sempre più popolari, che cioè incidano effettivamente sulla vita della gente. Le istituzioni possono fare molto in questo senso, a sostegno di progetti virtuosi di economia circolare e sociale. Anche la Chiesa – e papa Francesco si muove in questa direzione – può diventare un attore decisivo nel sostenere queste attività. Chissà che proprio The Economy of Francesco non possa essere un ulteriore passo in questa direzione.